1 – Il vostro nome è “Nuju”, quattro lettere e un suono molto diretto il cui significato è ben preciso. “Nuju” significa “nessuno” riprendendo il dialetto della bassa Calabria. Come mai questa scelta?
Marco: Noi siamo dei viaggiatori. Anni fa abbiamo lasciato la nostra terra, la Calabria, chi per studiare e chi per lavorare. Ci siamo sempre identificati col viaggio di Ulisse: chi viaggia come Ulisse, quando è a Itaca vuole scappare via, quando è fuori da Itaca vuole rientrare. Riconoscendoci fortemente in questo concetto, abbiamo deciso di chiamarci “Nessuno” in onore di questo eroe epico, e riprendendo il dialetto della bassa Calabria, abbiamo scelto di chiamarci“Nuju” in quanto suonava bene (nel dialetto dell’alta Calabria era “nuddu” e fonicamente non ci piaceva molto). Insieme a questo ci sono altri significati, quello più importante è quello della collettività, cioè “nuju” essendo nessuno, vuol dire che nessuno di noi è realmente nessuno, un po’ come Pirandello in “Uno, nessuno e centomila”, tutti noi siamo uno, nessuno e centomila cose allo stesso tempo.
Licius: “Nessuno” sarebbe inoltre l’antitesi dell’individualismo sul quale è basata la società attuale, tutti quanti vogliono essere qualcuno, tutti vogliono andare in tv per farsi riconoscere. Viviamo in un individualismo imperante. Questa valenza del nome “nessuno” è proprio per andare contro alla voglia imperante di essere qualcuno a tutti i costi.
Fabrizio: Da un punto di vista musicale invece la scelta del nome significa il non avere bandiera e genere, vogliamo fare tutto e niente, nessuna presunzione di sbandierare un movimento, un genere musicale ben preciso, ma vogliamo fare tutto quello che ci viene in mente senza essere circoscritti a un genere particolare.
2 – Le copertine dei vostri tre dischi, se viste in sequenza, possono essere considerate come una sorta di stop-motion. La copertina del primo disco infatti rappresenta un omino funambolo, nel secondo lo stesso omino cade e dondola aggrappato al filo, mentre nel terzo si abbandona lanciandosi nel vuoto. Che messaggio metaforico sta dietro a questa scelta?
Fabrizio: Ci fa molto piacere che tu l’abbia notato. Abbiamo voluto realizzare una trilogia musicale e il quarto disco probabilmente potrebbe non c’entrare nulla con quello che è stato fatto finora. I tre dischi sono dei concept line, ossia ognuno ha una tematica ben precisa. Nel primo disco, dove c’è un funambolo che cammina in equilibrio, la tematica è la precarietà, nel secondo, “Atto Secondo”, la tematica è la frenesia, qui l’omino perde l’equilibrio, si corre cercando di starci dentro a tutti i costi, nel terzo disco, “Terzo Mondo”, mi è piaciuto come hai descritto l’omino che “si abbandona”, è un messaggio infatti che si presta a diverse interpretazioni, la tematica qui è l’indignazione. All’inizio del 2012 al telegiornale si impiccavano due o tre persone al giorno, a un certo punto hanno smesso di dirlo, ma non credo che la gente abbia smesso di impiccarsi. Indignazione è intesa anche come esasperazione che ti fa perdere la forza di restare attaccato al filo.
Per ridere in passato ci siamo detti che questo omino potrebbe riapparire magicamente con un palloncino che vola.
Marco: Noi siamo tutti dei trentenni che quando abbiamo iniziato a suonare insieme nel 2009 avevamo tante cose da dire, per questo abbiamo corso molto, abbiamo fatto tre dischi in tre anni. Abbiamo voluto esprimere quello che viviamo tutti i giorni. Se tu vai a vedere gli anni 2010, 2011, 2012, la precarietà, la frenesia e l’indignazione sono un po’ quello che c’era e c’è intorno a noi nella società e abbiamo cercato di raccontarlo non con tristezza o con eccessiva rabbia, ma con quella sana ironia che ci contraddistingue.
3 – Leggendo i vostri testi si scorge una forte ricercatezza. Quanto la letteratura è importante e fonte d’ispirazione per la vostra musica?
Licius: Sicuramente i riferimenti letterari sono molto radicati nell’inconscio, quello che noi però facciamo è di essere piuttosto presenti nel quotidiano.
Marco: Alcune volte nei nostri testi ci sono dei riferimenti non soltanto letterari, ma anche cinematografici. Spesso ci definiamo comico-drammatici come i film di Monicelli, oppure “Brutti, sporchi e cattivi” come i film di Ettore Scola, i film ci influenzano molto di più dei libri. Il riferimento però più forte è quello della letteratura che, come ha detto Licius, viviamo quotidianamente ogni giorno.
4 – Nella canzone “In assenza di gravità” trattate il tema della fuga dei giovani da un paese che sta diventando sempre più stagnante. Come vedete l’Italia attuale, sta diventando davvero un 3° Mondo?
Fabrizio: Noi una prima fuga l’abbiamo già fatta, la fuga dalla Calabria. È vero che se uno vuole realizzarsi, fare un percorso di studi, di formazione e poi trovare un lavoro nel settore inerente a quello che ha studiato, spesso gli tocca spostarsi perché qui in Italia non c’è la possibilità di trovare occupazione.
Marco: Noi abbiamo scelto di partire per studiare, di rimanere qualcuno l’ha scelto, qualcun altro è stato costretto,
5 – Ci sono dei cantautori particolari che hanno influenzato la nascita della vostra musica?
Marco: Quando abbiamo iniziato il nostro progetto musicale ci siamo detti che non avremmo mai dato nessun riferimento musicale alla nostra musica, però un nome che abbiamo sempre fatto è quello di Rino Gaetano per il discorso che lui non ha mai avuto un genere stabilito come cantautore, non era come Guccini o De Andrè che sapevi quello che facevano, ma poteva cambiare in ogni disco e ha cambiato quasi in ogni disco. La sua musica era impregnata di fervida ironia.
Licius: C’è da dire inoltre che ognuno di noi ascolta generi di musica molto diversi. Credo sia questo il trucco per creare una buona band, in furgone non ascoltiamo mai musica perché altrimenti finiremmo a tirarci i capelli tutti quanti.
6 – Nella canzone “Disegnerò” è presente questa frase: “E più si cresce, mi rincresce peggio per te se non credi alle mie favole”. Quanto è importante secondo voi riuscire a mantenere nel quotidiano quella visione immaginaria, incantata e fiabesca che, appunto, più si cresce e più si rischia di abbandonare?
Fabrizio: Siamo tutti dei ragazzi dentro, siamo tutti dei fanciulli e abbiamo l’animo giocoso.
Abbiamo un lavoro più o meno serio e delle grandi responsabilità, qualcuno di noi infatti è già papà, e queste son tutte cose che ci hanno fatto crescere. Il progetto “Nuju”, al di là di una necessità espressiva e artistica, è il contenitore dove ognuno ci mette del suo, è una dimensione che ci permette di conservarci giovani. Io lavoro con gli adolescenti e mi rendo conto ogni giorno di quanto sia importante non dimenticare di come siano le cose viste da piccoli, “noi siamo…”, come disse Freud, mi pare, “…il fanciullo che è in noi”.
Il problema è che crescendo l’uomo viene risucchiato dalla quotidianità del sistema e si fa sempre più fatica a meravigliarsi di ciò che ci sta attorno.
Marco: Credo che la chiave per mantenere viva questa meraviglia, sia la capacità di riuscire a stupirsi per qualsiasi cosa e guardare la quotidianità con uno sguardo costantemente nuovo.